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Raschiata nella sua ruvida dolcezza, la poesia di Alberta Bigagli ci stupisce ancora dandoci conto di un 'respiro' e di una luce' che non trovano, oggi, né ospitalità d'entusiasmo, né curiosità di possibile accettazione nel campo della nostra poesia pur ricca di contrasti e di dibattiti interiori, ma povera di garanzie umane. E qui, dunque, l'altra moneta paga. E appaga. Senza "ripulire il tempo dalle scorie", ma semmai immettendovene a non finire con la ricchezza di chi sa di contemplare l'angustia del finito, ma anche "il segno pigolante e gorgogliante / d'ogni uscita all'esterno d'ogni sboccio". La poesia di Alberta Bigagli, dunque, nel suo esserci come denuncia, immagine, progetto e definizione del rito, s'affida alle domande di sempre. Non è una poesia violenta e scardinatrice, bensì un lento e incessante trapano di memorie che s'infilano nel sangue, nelle idee, nella suggestione del pensiero...